Alunni con BES
Perché tanti bambini?
Alunni con BES. Perché oggi sono aumentati in modo esponenziale gli alunni con bisogni educativi speciali?
Sono davvero tutti alunni con problemi o siamo noi adulti a creare problemi o acutizziamo problemi con metodologie e programmi non idonei?
Uno dei maggiori problemi che la scuola di oggi si trova a dover affrontare è il sempre crescente numero di alunni con BES, cioè alunni con Bisogni Educativi Speciali.
I BES si dividono in tre macro categorie (disabilità fisica, sensoriale e mentale – disturbi evolutivi specifici – svantaggi sociali, economici, culturali e linguistici) che si suddividono a loro vola in altre sottocategorie, e comprendono gli alunni disabili e quelli con DSA (disturbi specifici dell’apprendimento).
Gli insegnanti si trovano così a dover affrontare quotidianamente problematiche di diversa entità e il tutto con i programmi da portare a termine. Molti alunni non riescono a stare al passo con i programmi e questo crea frustrazione e sconforto nei docenti, soprattutto in presenza di dirigenti esigenti, o le prove invalsi che, anche se il loro scopo è ben altro, troppo spesso vengono viste come valutazione degli insegnanti.
Inoltre, in alcune scuole, tra alcuni insegnanti di classi diverse, nasce un’insana competizione a chi raggiunge prima gli obiettivi prefissati. Terminare il programma diventa una gara, un modo per compiacere dirigenti e genitori, ma perdendo di vista il vero spirito dell’insegnamento.
Gli insegnanti non sempre riescono a far fronte a tutte le problematiche, spesso sono lasciati soli dai dirigenti, dalle famiglie e dalle istituzioni. La competizione, l’ansia dei programmi, alcuni DS che sono una vera e propria spada di Damocle sulla testa, possono inficiare la qualità del lavoro e il rischio, oltre il burn-out, è quello di scaricare il proprio avvilimento sugli alunni: rabbia, urla, note, punizioni, bocciature, eccessivo carico di compiti a casa, utilizzo di metodologie obsolete come la lezione frontale, che nell’immediato sembra dare maggiori risultati ma nel tempo risulta essere la metodologia meno efficace, diventano la normalità. A tutto questo si aggiunge la facilità che hanno alcuni docenti nell’etichettare i bambini con “diagnosi” frettolose e superficiali di DSA, BES, disabilità etc., (valutazioni che spesso sono in contrasto con quelle di medici specialisti).
Ma perché sempre più alunni non riescono a stare al passo con i programmi? Le risposte sono molteplici, e viene naturale che ad un certo punto si cerchino i capri espiatori. Per famiglie e dirigenti la colpa è degli insegnanti, mentre per i docenti la colpa è della famiglia. Per la società e le istituzioni la causa va ricercata nella scuola, nell’educazione, negli strumenti tecnologici quali televisione, telefonino, tablet, PC, videogiochi, internet e soprattutto i social.
Certamente le cause sono multifattoriali, ma c’è un elemento che non viene preso in considerazione, un elemento che produce molti bambini con difficoltà:
L’eccessiva anticipazione dei programmi scolastici e, quindi, l’anticipazione dei processi cognitivi.
Oggi molti maestri della primaria si aspettano che i bambini arrivino in prima che sanno già leggere e scrivere. Così accade che alla scuola dell’infanzia i bambini, soprattutto nell’ultimo anno, siano sottoposti a carichi di lavoro esagerati per arrivare in prima sempre più preparati. In prima, poi, si comincia ad insegnare la sottrazione (pretendendo che il bambino acquisisca il concetto di differenza). L’insegnamento della scrittura e della lettura che spesso viene proposto solo ed esclusivamente attraverso il metodo globale escludendo quello analogico, poesie troppo lunghe da imparare, che vengono memorizzate dai bambini giusto il tempo della festività e dimenticate dopo poche settimane. In seconda primaria le moltiplicazioni e tabelline fino a quella del 10, moltiplicazioni con 3 moltiplicando, le divisioni, di partizioni e di contenenza. In italiano la punteggiatura, il riassunto scritto e orale di un testo. Inoltre non dimentichiamo che oggi c’è la possibilità di iscrivere i bambini in anticipo, e se in realtà questo elemento non può essere usato come parametro di rendimento, sicuramente in alcuni casi acutizza il problema.
Per raggiungere gli obiettivi si corre, non si dà il tempo agli alunni di acquisire soddisfacentemente un concetto che già si passa al prossimo. I bambini restano indietro, fatto salvo per i più bravi, ma anche loro spesso apprendono nel modo che Ausubel definiva meccanico, e non in modo significativo. I bambini si sentono inadeguati ed acquisiscono l’ansia degli insegnanti.
La contraddizione della scuola italiana, dei legislatori e dei pedagogisti, sta nel fatto che da un lato si chieda agli insegnanti di utilizzare metodologie diverse: Unità didattiche e di apprendimento, cooperative learning, mastery learning, didattica laboratoriale etc. etc., attività che necessitano di tempi lunghi e distesi, dall’altra i programmi sembrano pretendere che alunni e insegnanti corrano come auto di formula uno.
C’è una frase che viene attribuita ad Einstein che dice: Ognuno è un genio. Ma se si giudica un pesce dalla sua abilità di arrampicarsi sugli alberi lui passerà tutta la sua vita a credersi stupido.
Diventa più facile dire che un bambino è un BES e che non riesca a raggiungere gli obiettivi per colpa sua, piuttosto che ammettere che forse i programmi non sono adatti.
Molto probabilmente molti bambini hanno davvero alunni con bes, ma è anche vero che molti di loro non avrebbero di queste necessità se i programmi fossero più adatti alla loro età.
Sicuramente non dobbiamo copiare la Finlandia dove la scuola incomincia a 7 anni e i primi due anni di primaria sono dedicati soprattutto al gioco, ma forse dovremmo fare un passo indietro, poiché deve essere anche chiaro che far incominciare la scuola a 6 anni, stare seduti in classe 5 ore, proporre solo la lezione frontale e programmi anticipati, non è certamente il modo corretto di fare scuola.