Musicoterapia autismo
Che cosa c’è da sapere
Musicoterapia e autismo, un binomio che può funzionare? Si può utilizzare la musicoterapia con i bambini autistici?
La musicoterapia può essere un ottimo canale di comunicazione da utilizzare con l’autismo, ma solo con la dovuta formazione, e soprattutto da terapisti che conoscono bene la sindrome autistica.
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Quando mi diplomai in Musicoterapia avevo già lavorato da anni con i bambini autistici, ma ero alle prime armi come Musicoterapista, e per allargare le mie conoscenze e la mia formazione mi dilettavo a navigare su siti web e soprattutto frequentare forum di discussione. Su uno di questi forum ebbi una divergenza di opinioni con una musicoterapista, il tema era se i musicoterapisti dovessero essere diplomati al conservatorio o no. Lei riteneva di sì. Come detto io ero alle prime armi e nonostante conoscessi un po’ di musica non ero diplomato al conservatorio. La collega si accese un po’ e ad un certo punto mi chiese se avessi mai pubblicato qualcosa, alla mia risposta negativa mi liquidò dicendo che non potevo parlare visto che ero diplomato da poco mentre lei faceva musicoterapia da anni e aveva un sacco di pubblicazioni nel suo curriculum. . Ora devo ammettere che dopo 20 anni di lavoro, non ho ancora pubblicato un libro sulla musicoterapia, e ci sono buone possibilità che non lo pubblicherò nemmeno nei prossimi venti; devo anche confessare che all’epoca ci rimasi male, ma poi col tempo ho scoperto che un sacco di ciarlatani quando non hanno più argomenti ti spiattellano in faccia le loro pubblicazioni. Da allora non ebbi più notizie della signora musicoterapista, se non anni dopo, quando trovai un suo libro in una libreria; ormai avevo acquisito una certa esperienza come musicoterapista e la curiosità fu tale da spingermi a leggere il libro. Non entrerò nel merito dei contenuti generali del libro, su cui ci già ci sarebbe tanto da discutere, mi soffermerò sul “caso” descritto nel libro: il caso di X un bambino autistico.
Prima seduta: abbiamo bendato X e gli abbiamo fatto ascoltare dei suoni.
Bendare? Un bambino autistico? Alla prima seduta?
Ecco, questa è la dimostrazione di quando non si conosce la patologia che si sta trattando. Non è il bambino che si deve adeguare alla propria formazione, è la propria formazione che si deve adeguare al bambino, soprattutto alla sua patologia. Se faccio danzaterapia e utilizzo sempre come primo intervento un Grand jeté è logico che se ho davanti un bambino sulla sedia a rotelle devo trovare una soluzione diversa.
Questo purtroppo accade a moltissimi terapisti, propongono le tecniche imparate nei corsi meticolosamente, indipendentemente da chi si ha davanti.
Così vediamo bendare il bambino autistico, o ancora farlo girare intorno ad un tavolo mentre batte un tamburello, o farlo sedere sulle corde di un pianoforte per sentire le vibrazioni. Tutte tecniche che nascondono un elemento fondamentale: scarsa conoscenza dell’autismo. Sono tutte attività di una certa validità, per carità, ma non andrebbero mai proposte ad un bambino autistico nelle prime sedute. La priorità è quella di aprire un canale di comunicazione con il bambino, poi tutte le attività sono libere e soggettive, ma quelle su elencate potrebbero risultare pericolose inizialmente, perché potrebbero turbare il bambino.
In genere si ritiene che la musica sia un ottimo canale di comunicazione per i bambini autistici. Questa affermazione risulta vera solo in parte perché ci sono bambini autistici che trovano la musica fastidiosa. Alcuni riescono ad ascoltarla solo a volume basso e per poco tempo, altri si tappano le orecchie. Anche con gli strumenti musicali risulta essere alquanto incerto l’intervento perché spesso il bambino autistico lo considera un giocattolo e non un produttore di suoni e musica. Una esempio classico è quello della tastiera musicale (keyboard) dove con una molteplicità di suoni, ritmi e musiche a disposizione, il bambino è attratto più dalle lucette e dai tasti elettronici. È compito del Musicoterapista infondere nel bambino autistico il piacere della musica e del canto. Secondo una teoria molto comune per fare questo è di aiuto l’anamnesi musicale del bambino: La musica che ascoltava la mamma, quella che ascoltava in gravidanza etc.! Con l’esperienza ho maturato che, a parte pochi casi isolati, i genitori non riescono a fornire dati completi sull’anamnesi musicale, in genere rispondono che ascoltavano la radio. Inoltre mi è apparso chiaro da subito che quello che io credevo potesse essere un forte canale comunicativo produceva, invece, risultati blandi rispetto all’utilizzo di musiche appositamente studiate. In pratica, per avere risultati attraverso l’anamnesi e la produzione di musiche che facevano parte del suo bagaglio musicale dei ricordi, impiegavo il doppio del tempo che mi ci voleva con canzoni adatte ai bambini autistici. Sedersi ad un pianoforte (tastiera) con un bambino è il primo approccio che preferisco, salvo in casi eccezionali. Il bambino si siede accanto a me e poggia le dita sul pianoforte (tastiera) e produce suoni, in qualunque modo: pigiando, percuotendo o solo appoggiando le dita. Molti preferiscono strumenti a percussione, ma anche qui l’esperienza mi ha insegnato che gli strumenti a percussione non producono nel bambino il piacere del suono delle dita su un pianoforte. Fatta eccezione per la batteria e la chitarra che sono gli strumenti che attirano di più i bambini. Purtroppo però anche i quelli più difficili da utilizzare, la batteria per i costi ed il troppo rumore, la chitarra per la difficoltà di esecuzione e perché la maggior parte dei bambini non riescono a farla suonare. Qui entra in gioco l’anamnesi che io considero importante, quella del bambino, del suo vissuto. Spesso basta poco: il cartone preferito, un nome, una persona, un gioco, una parola, un oggetto, qualsiasi cosa piaccia al bambino, anche qualcosa di ossessivo, solo per comunicare, su quella parola si costruisce una canzone, improvvisata e composta prima. L’improvvisazione risulta più utile perché potrebbe non essere funzionale la prima parola che si è pensata, e allora si procede per tentativi. Ma altrettanto possono essere utili canzoni improvvisate al momento, lasciando libera la fantasia e comporre canzoni adattate alla situazione, alle azioni del momento, al luogo, al bambino. In alternativa scelgo le canzoni da me composte (nel mio caso tra più di 200) e tantissime altre tra le canzoni più note, il repertorio è davvero grande. Le canzoni devono avere strofe e ritornelli semplici e anche ripetitivi così da attirare l’attenzione del bambino.
Il passo successivo, per me, è il rispetto del turno: prima suona l’educatore ed il bambino aspetta (cosa non facile) poi suona il bambino, poi di nuovo l’educatore, poi di nuovo il bambino. Durante questo esercizio è importante che l’educatore fermi le mani del bambino quando non rispetta il turno. Basta suonare con una mano e l’altra è pronta a fermare le sue mani. Questo risulta molto utile perché è il primo passo perché il bambino cominci ad eseguire le richieste.
Poi si arriva al il ritmo, ma non con i tamburi, bensì con il corpo, movimenti, camminate, corse, attraverso il ritmo ed il tempo cadenzato.
In tutte queste attività, se lo ritengo utile, utilizzo altri metodi cognitivo comportamentali, ma quello che ritengo imprescindibile con i bambini autistici è il Metodo dei cambiamenti continui.
Naturalmente ogni musicoterapista ha il suo metodo, e non è detto che questo sia meglio di un altro. Per me sono stati sempre utili, e hanno sempre prodotto risultati significativi.
Ma l’elemento importante da non sottovalutare è che prima di tutto bisogna proporre attività che mirino a creare un rapporto interattivo tra terapista e bambino, attività che non rischino rinforzare l’isolamento in cui molti bambini autistici vivono.