Capitolo 17 – Di nuovo al Luna Park
Uscirono dalla biblioteca. Pamela e Betta si tenevano per mano, Camillo marciava in avanguardia, destinazione Luna Park. Scrutava intorno con circospezione. Aveva la sensazione che da un momento all’altro si parasse davanti a loro il mostro, ma era giorno e di giorno le paure si attenuano. Il Luna Park era deserto e incuteva un certo disagio; si recarono presso la baracca del custode ma anche essa era vuota, ciò nonostante infondeva una sensazione di serenità. Era solo una piccola baracca ma sprigionava calore come l’abbraccio di una persona cara, era accogliente, calda e nel suo piccolo confortevole. La luce interna era soffusa e dava una piacevole sensazione di tepore, un ambiente silenzioso e tranquillo. Spiegarono a Betta che era la casetta del custode del Luna Park. Si sedettero al tavolo, si raccontarono un po’ dei giorni trascorsi da quando era scappato il mostro. Dopo un po’ tornò il custode che regalò loro un sorriso.
«Lei è mia sorella! Anche lei è scappata dall’Istituto dove eravamo rinchiuse!» disse Pamela per giustificare la sua presenza nella baracca!
Il custode sorrise anche a Betta.
«Chi è brava, si vede!» poi divenne serio «Gli orfanotrofi, è brutto stare lì!»
A Betta gli si gonfiò il petto di orgoglio.
«Avevi ragione: piove!» disse Camillo.
Il custode guardava fuori dalla finestra.
«Stai pensando a qualcuno?» chiese Pamela.
«Il mio piccolino, è da tanto che non lo vedo!»
«Oh mi spiace. Dove sta ora?» chiese Betta.
«Il signore in nero, l’ha preso lui!»
«L’uomo nero?» chiese Camillo sconvolto.
I ragazzi ammutolirono. Il custode uscì.
«Camillo… ma che cosa intendeva?» chiese Pamela presumendo già la risposta.
«Credo che… che Dabby Dan abbia… preso il suo bambino!»
Pamela chiuse gli occhi.
«Ora è chiaro perché il custode insegue Dabby Dan!»
«Si vuole vendicare!» annuì Camillo.
«Ma perché? Voi avete incontrato il mostro?» chiese Betta turbata.
«Lo abbiamo visto da lontano!» annuì Camillo.
La bambina incominciò a tremare e Pamela la strinse a sé!
«È davvero così brutto?»
«Ma che… sembra un idiota, a vederlo non diresti mai che mangia i bambini!» mentì Camillo. «Speriamo che lo prenda e lo uccida! Così finisce questa storia!» aggiunse con durezza.
Pamela sentì il cuore serrato in una morsa; lei sperava che quella storia non finisse mai: Betta, Camillo, il custode e lei, tutti e quattro insieme, per sempre, a zonzo per la città esplorando luoghi sconosciuti, gustando la libertà, vivendo giorno per giorno senza doveri, senza limiti, e giocando, tante e tante volte, sulla giostra dei cavalli. Ma, d’altronde, l’amara realtà era che tutto questo si sarebbe potuto realizzare solo con la scomparsa di Dabby Dan, ma allo stesso tempo la scomparsa di Dabby Dan avrebbe decretato la fine del sogno.
Il custode tornò con una barretta di cioccolata e del pane.
«La cioccolata, mangiatela che è buona!»
I ragazzi ci si avventarono sopra. Sulla confezione c’era scritto Trey chocolat suisse. Non appena assaggiarono il primo pezzo si arrestarono di colpo.
«Mhm… buona!» esclamò Camillo. «Non ho mai mangiato qualcosa di così buono!» aggiunse.
Betta gli fece eco.
Pamela morse un pezzettino e restò impalata con gli occhi sgranati che fissavano il pezzo di cioccolata.
«Non ti piace?» disse Camillo, «…non ci sono problemi, se non ti piace me la pappo io, questa cioccolata non è buona, è buonissima!»
Pamela continuava a tenere lo sguardo inebetito e finalmente anche Camillo se ne accorse.
«Ma che hai? Non ti senti bene?»
«Io non ho mai assaggiato la cioccolata!» disse.
«Cosa? Ma come può essere?»
«Al Prosperitano non ci hanno mai dato cioccolata o caramelle da mangiare!» disse Betta triste. «Io un paio di volte l’ho mangiata perché anni fa venivano organizzate delle feste per avere donazioni, e in quelle occasioni molte persone portavano dei dolcini da mangiare e suor Cetaceo non poteva proibircelo per non fare brutta figura con gli ospiti. Ma Pamela all’epoca non era ancora arrivata al Prosperitano!»
Il custode uscì fuori e si fermò a guardare la pioggerella rivolgendo gli occhi malinconici verso il cielo plumbeo. La pioggia era sottilissima e cadeva senza bagnare, inumidiva solo vestiti e capelli.
Pamela lo osservava dalla finestrella della baracca. Pensò che il mondo era davvero strano, si erano incontrati tutti e quattro per caso, e tutti e quattro avevano una storia triste alle spalle.
Quando fece ritorno dai suoi pensieri vide Camillo e Betta con le bocche sporche di cioccolata.
«Non mi dite che avete mangiato tutta la cioccolata?» li canzonò l’amica.