Incontro con Lupin

Capitolo 9 – Incontro con Lupin

Erano seduti per riposare ai tavolini di un bar quando videro un giovane uomo che camminava nervosamente guardandosi intorno come se cercasse qualcuno. I ragazzi si spaventarono.
Pamela vide Camillo tirar fuori un coltello e si irrigidì.
«Che vuoi fare? Sei pazzo?»
«È Dabby Dan. Io non mi faccio mangiare!»
«Ma che ne sai che è lui? E cosa vuoi fare con quel coso? Quello si mangia pure il coltello!»
Poi lo sentirono imprecare e urlare.
«Dove sei? Dove sei maledetto mostro? Esci fuori che ti devo spezzare le gambine. Vieni qua, infame. Esci fuori! Babbi San dove sei? Ciabbi Fan o come ti chiami, vieni qui bastardo, vieni qua che ti faccio vedere io!»
Fino a quel momento non si era accorto della presenza dei nostri amici. Quando il suo sguardo si posò su di loro restò un attimo in silenzio poi urlò verso di loro in modo amichevole. Pamela si spaventò e urlò a Camillo che era meglio scappare. Il giovane uomo si avvicinò ma Camillo restò immobile stringendo il coltello nel pugno, quasi a farsi male.
«Hey ma da dove uscite voi due? Non lo sapete che c’è in giro quel bastardo Facci Man?
«Dabby Dan!» sottolineò Camillo.
«Sì quell’infame. Ma non sapete che si mangia i bambini, insomma?»
«Qualcuno dice anche gli adulti!»
«È meglio per lui se non mi incontra, ci faccio passare la voglia di vivere, insomma.»
I due ragazzi lo guardarono con sufficienza. Era mingherlino ma con una muscolatura nervosa, scuro di carnagione. Vestiva in modo trasandato, con camicia che usciva dai pantaloni. Era alto un palmo più di Camillo.
«Sai se c’è qualcun altro oltre a noi?» chiese Camillo.
«No no, quell’infame ha fatto scappare tutti, insomma.»
Pamela acquistò coraggio. «Perché ce l’hai con lui?»
«E quello ha fatto scappare tutti, e io, insomma, non posso lavorare!»
«Che lavoro fai? chiesero i ragazzi.
«Io… io mi occupo di alta finanza. Cioè faccio la guida turistica, rubo ai turist… ehm… accompagno i turisti in giro. Gli faccio vedere la città, insomma!»
Camillo guardò sottecchi dentro il borsone che aveva in terra e notò portafogli, gioielli, borsette.
L’uomo se ne accorse.
«È roba mia, quando ho saputo di Scanza Ran…»
«Dabby Dan.» corresse Pamela.
«Eh… quello, Tappo Man. Comunque ho avuto paura che questo si rubava tutta questa roba, mia insomma, e così me la sto portando dietro, per non essere defratato. »
«Defra che?» chiese Pamela.
«Defra… detafrato, duedafra… che si piglia la mia roba insomma.»
«Defraudato!» rispose Pamela boriosa.
«Eh… e come sei precisina. Mamma mia, sembri la principessa sul pisello.»
Pamela arrossì.
«Amico!» disse rivolgendosi a Camillo. «Fai attenzione alla tua fidanzata, questa ti mette sotto i piedi e nemmeno te ne accorgi!».
«Non è la mia fidanzata!» si affrettò a rispondere Camillo per non essere preceduto da Pamela, ma diventò rosso come un peperone.
Anche Pamela divenne rossa ma per la rabbia.
«Comunque io per paura di essere defra… quella cosa là insomma, da Raspo Fan… quello là insomma, mi porto la roba dietro… così non mi ruba!»
«Lui… ruba…!» ironizzò Camillo.
«E chi se no? Io sono una brava persona, insomma. Questi sono tutti oggetti miei, di casa mia, insomma. Che ho preso per non farli rubare a lui, insomma.»
«Comunque noi non abbiamo niente da farci rubare!» affermò Camillo.
«Oh… stai calmo, io non rubo ai bambini… cioè… io non rubo proprio, insomma. Quello è Batti Pan che ruba… lui. Io sono bravo. Ma è bene che non avete niente. Così quello non vi ruba, insomma.»
«Certo, al massimo ci mangia.» disse Pamela.
«Sì, sì, brava, insomma! Mamma mia e quanto è pesante questa! È meglio che me ne vado!».
Guardò in lontananza e poi senza rivolgere lo sguardo ai ragazzi incominciò a borbottare.
«L’importante è che ci sta la salute, insomma. Ora vi saluto, che ho visto che molta gente ha lasciato le porte delle case aperte… insomma è meglio che gliele vado a chiudere. Ciao… ci vediamo… statevi bene. E salutatemi Lappo Can… con tutte queste porte aperte… quasi quasi mi ha fatto un favore quel Zappo Ban… insomma.»
Se ne andò senza guardarli.
«Ciao Lupin!» gli urlò ironico Camillo.
«È vero… hai ragione…ciao ragazzi, ciao, scusate. Ciao ciao!» parlò seguitando a non guardarli.
«Va be’ in fondo è una brava persona!» disse Pamela.
«Bravo? Ma Pamela dove vivi?»
«Ma se va a chiudere le porte delle case di persone che non conosce per non farle derubare!».
«Pamela svegliati! Quello le svaligia le case!»
«Ah… oh mio Dio! È per questo l’hai chiamato Lupin, come il famoso ladro?»
«Sì… insomma! Direi di sì, insomma!»
Pamela scoppiò a ridere.
«Sì… direi… insomma!»

 

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