Capitolo 28 – Ritorno in città
Si catapultarono nella campagna. Non ricordavano la strada ma procedevano spediti voltandosi di tanto in tanto per accertarsi di non essere seguiti dalle due vecchie pazze. Giunsero in riva al fiume che costeggiava la città e lo fiancheggiarono fino a quando non intravidero le prime mura. Entrarono in città dalla periferia ovest nel primo pomeriggio, sembrava che ci fosse più vita. Per la prima volta videro persone civili percorrere le strade, ma i militari intimavano di ritornare nelle loro abitazioni. Notarono, con disappunto, che la maggior parte dei negozi erano ora chiusi, con le saracinesche abbassate.
«E ora dove ci nascondiamo?» chiese Pamela.
«Bella domanda, stanno controllando tutto, negozi, edifici!».
Proseguirono camminando nei vicoli periferici, dove c’erano meno militari. Da lontano Camillo scorse un edificio a lui familiare!
«La mia vecchia scuola elementare. La conosco come le mie tasche! Se non ci sono soldati possiamo entrare, conosco un sacco di posti dove nasconderci!».
Per loro fortuna non c’erano militari. Riuscirono ad entrare da una porta sul retro. Le ragazze seguivano Camillo che camminava spedito. Salirono all’ultimo piano dove c’era un laboratorio, dietro c’era un deposito. Camillo fece sistemare lì le ragazze e scese di nuovo. Tornò con molti cuscini presi dai divani dall’ufficio del dirigente. Lanciò i cuscini per terra per creare un giaciglio comodo. Dal deposito c’era una finestra dalla quale si vedeva buona parte del centro città. Camillo ne approfittò per spiare con la sua fotocamera digitale professionale. I militari erano diminuiti sensibilmente, inoltre sembravano più rilassati parlavano tra di loro, fischiettavano. Il comandante con il blasone d’oro era sparito, restavano solo due, forse tre di quelli con una stella d’oro ed erano loro a dare ordini adesso. Sulla strada principale c’era una sfilata di personaggi, dalle finestre incominciò ad affacciarsi qualche curioso. Guardando meglio Camillo capì che in realtà non si trattava di una sfilata: stavano caricando prigionieri sui carri militari per portarli chissà dove. C’erano persone che Camillo non conosceva. Dopo alcuni personaggi sconosciuti Camillo scorse una loro vecchia conoscenza.
«Hanno arrestato Lupin!» disse rivolgendosi a Pamela.
«Bene… così impara quel ladro!»
«Ma quello… ma quello è il custode!» Camillo sobbalzò in piedi. «Hanno arrestato il custode!» urlò disperato.
Pamela e Betta corsero alla finestra. Camillo inquadrò la scena e spostò la fotocamera in modo che loro potessero vederla.
«Lo sapevo!» esclamò Pamela infuriata.
«Che idioti i soldati, hanno arrestato tutte quelle persone tranne che Dabby Dan!» disse Camillo.
«Però il custode non possiamo lasciarlo in galera, dobbiamo liberarlo!»
Pamela abbassò gli occhi.
«Noi?» disse. «Ma quelli sono un migliaio di soldati armati e noi solo tre, come lo liberiamo?»
«Non lo so, ma il custode è stato con noi nei momenti più difficili, ci ha salvati dai soldati!».
Si alzò prese la sua roba e s’incamminò fuori dalla stanza. Devo fare qualcosa!»
«Ma dove va?» chiese rivolgendosi a Betta. «Camillo, aspetta, Camillo!» urlò a squarciagola.
Poi corse fuori seguita da Betta, trovò Camillo immobile.
«Dai aspetta, non puoi andare da solo, dobbiamo organizzare un piano!»
«Non vi muovete. State dietro di me!».