Capitolo 24 – Un treno carico di desideri
Quando tornò il Custode gli raccontarono tutto, ma lui restò in silenzio. Camillo gli chiese se sapesse dove era il deposito delle provviste e il custode annuì.
«Che cosa vuoi fare?» chiese Pamela.
«Non sarebbe bello prendere le vettovaglie dal deposito e distribuirle alla gente?» disse Camillo.
«E come la portiamo tutta la roba? Ci vorrebbe un camion!» disse Betta.
«Un trenino, è fatto per portare tanta roba!» disse all’improvviso il custode.
I ragazzi spalancarono gli occhi, era un’idea favolosa, restava solo il problema di come allontanare i soldati.
«Posso urlare che c’è il mostro che mi vuole mangiare e farmi rincorrere dai soldati!» disse Betta.
Sembrava un’idea tanto folle quanto realizzabile. Ma ancora una volta dovettero accettare di separarsi. A Camillo toccò anche pianificare la via di fuga, lui meglio di tutti conosceva la città. Poi insieme al custode andò al deposito con il trenino. Parcheggiarono sul retro, a debita distanza. Camillo entrò da una porta sul retro, non c’era nessuno, senza farsi notare aprì una finestra, chiuse la maniglia, e richiuse la finestra, sembrava chiusa ma era aperta. Aspettarono che si facesse orario e chiudessero le porte. Il custode portò il treno vicino alla finestra. Camillo spinse la finestra ed entrò. Fu un duro lavoro ma riuscirono a caricare il trenino che sembrava la slitta di Babbo Natale. Poi si diressero verso il centro della città in un punto dove Betta potesse vederli e al segnale convenuto andò a posizionarsi vicino alla strada principale che portava fuori dalla città. Poi incominciò ad urlare con quanto fiato aveva nei polmoni.
«Aiutoooo! Il mostro aiuto!»
Quando vide accorrere i soldati incominciò a scappare a gambe levate, poi girò l’angolo. C’era una finestra aperta e vi si piombò dentro con un salto aiutata da Pamela. Poi all’arrivo dei soldati Pamela si affacciò alla finestra con un foulard in testa, la faccia sporcata con la terra e un paio di occhiali che Camillo aveva trovato nella roulotte.
«Presto, presto, l’ha presa, Dabby Dan ha preso la bambina l’ha portata via di là verso il bosco, fate presto la stava già mangiando! Presto presto!»
Armati di fucile, con i carri armati a seguito, i soldati si precipitarono verso l’uscita del paese capitanati dal soldato con il blasone d’oro.
«Avanti tutta, facciamogli vedere chi siamo! Vivo o morto prendiamolo, sparate a vista, anche se ha in braccio la bambina. L’importante è catturare lui!».
Betta che aveva ascoltato gli fece il gesto dell’ombrello. In men che non si dica i soldati tutti lasciarono il paese. Pamela e Betta si catapultarono fuori dalla casa, in realtà era un bar chiuso da anni. Camillo aveva forzato la finestra e fatto entrare Pamela.
Le ragazze corsero a perdifiato fino al trenino. Salirono in corsa e mentre il custode guidava i tre ragazzi gettavano le provviste per strada.
«Provviste, provviste, ritirate le vostre provviste!» urlavano.
In men che non si dica le persone aprirono le porte e arraffarono tutto quello che poterono. Passarono anche presso la casa della anziana signora cieca. Pamela si premunì personalmente di portarle qualcosa. La signora la ringraziò più volte commossa e non le lasciava le mani. La ragazza dovette supplicarla di lasciarla andare.
Da qualche finestra sentirono urlare:
«Ma i soldati mandano i ragazzini a consegnare le provviste? Lo sanno o no che c’è il mostro in giro?»
Salvatore urlò che i soldati erano proprio sulle sue tracce per questo erano loro a fare il giro. Ad un certo punto il custode dovette fermarsi di colpo perché davanti a loro si era parato un ragazzo. Era Zucchero a velo.
«Hey… non avete un po’ di roba? Ehm… un po’ di medicine?»
«Zucchero a velo!» disse Camillo in tono severo.
«Siete un carabiniere? Maresciallo io sto solo cercando medicine, non pensate a male, Maresciallo!»
Era così fatto che nemmeno riconobbe i ragazzi.
«Zucchero a velo siamo Giulietta e Romeo, non i carabinieri. Prendi qualcosa da mangiare e vai a casa tua!»
Ma questa volta Zucchero a velo non voleva sentire ragioni. Era in una evidente crisi di astinenza. Si mise ad urlare che voleva la roba. Afferrò Pamela per la giacca ed incominciò a tirarla. Camillo scavalcò i pacchi a grossi salti da un vagone all’altro e piombò vicino a Pamela in men che non si dica. Abbracciò la compagna e diede un calcio a Zucchero a Velo facendolo rovinare per terra. Poi fece cenno al custode di ripartire. Il ragazzo aveva gli occhi iniettati di odio, ma non ce la fece a reagire.
Riuscirono a coprire quasi tutte le strade della città. Era la prima volta, dall’evasione di Dabby Dan, che si vedeva gente per le strade. Ma fu solo per un attimo, il tempo di arraffare le provviste e rifuggire nelle case. Ma fu una bella sensazione. Durante il giro, in un piccolo vicolo, notarono Lupin Insomma che armeggiava con molti pacchi di provviste, aveva preso più roba di quanto gli spettasse. Ma era tardi e non avevano tempo di mettersi a litigare anche con lui.
Ritornarono alla roulotte esausti. Era sera e si addormentarono senza nemmeno cenare.